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Ricercatore della Cattolica traccia per Nature scenari mercato energia




MILANO (ITALPRESS) – Come cambierà la mappa dell’energia globale? I prezzi alle stelle dell’energia spingeranno la produzione di energie rinnovabili? Come muterà il panorama industriale? Quali saranno gli impatti economici sul lungo periodo? La crisi energetica influenzerà le azioni per contrastare il cambiamento climatico? Sono le cinque domande cruciali su cui i ricercatori di tutto il mondo saranno chiamati a focalizzarsi nel 2023. Spetterà a loro trovare risposte adeguate a sostenere nei prossimi mesi l’azione dei governi per fronteggiare l’emergenza. A individuare i temi cruciali in un ambito diventato quanto mai decisivo per l’Europa e il mondo intero è Simone Tagliapietra, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il ricercatore della Facoltà di Scienze Politiche e sociali ha ricevuto dalla rivista “Nature” l’incarico di tracciare alcuni possibili scenari dell’energia per il 2023. Insieme con il co-autore dell’articolo scientifico in uscita sul numero di fine anno della prestigiosa testata, Andreas Goldthau, direttore della Willy Brandt School presso l’Università di Erfurt, oltre a concentrarsi sulla nuova mappa dell’energia mondiale post-guerra in Ucraina, ha cercato di indicare le ripercussioni industriali, economiche e sociali della crisi energetica. Con una particolare attenzione agli effetti – potenzialmente positivi – che questa avrà nel favorire la transizione ecologica. “Nel 2022 i mercati dell’energia sono andati sulle montagne russe», sostengono i ricercatori. Per questo motivo, quello che sta per chiudersi, passerà alla storia come un annus horribilis. Colpa di una crisi energetica scaturita dall’invasione russa dell’Ucraina e, dal conseguente, «uso geopolitico dei flussi di gas naturale” da parte del Cremlino verso l’Europa. Il 2023, dunque, sarà un anno cruciale per capire come evolverà la crisi energetica e in che modo influirà sulle scelte che saranno fatte a livello mondiale per garantire un futuro più sostenibile. “Gli eventi dell’ultimo anno hanno modificato radicalmente la posizione della Russia nei mercati energetici globali e la forma di questi ultimi. Si stanno costruendo nuove alleanze e consolidando quelle vecchie», sostiene Tagliapietra. Da parte sua, l’Unione europea si sta avvicinando ai principali fornitori di gas come la Norvegia, l’Algeria e gli Stati Uniti, nonchè ai produttori in Africa e in Medio Oriente di gas naturale liquefatto. La Russia sta spostando le esportazioni europee perse verso l’Asia. L’Europa avrà una costante riduzione del consumo di gas naturale grazie a una maggiore efficienza energetica e al passaggio a fonti energetiche alternative. A fronte di questo scenario nel 2023, «i ricercatori dovranno valutare se queste misure saranno sufficienti a compensare le mancate importazioni russe e a evitare carenze di approvvigionamento a livello globale”, osserva il ricercatore dell’Università Cattolica. Se i Paesi possano accelerare il passaggio all’energia verde è la domanda chiave per il 2023. I prezzi elevati del petrolio e del gas a livello mondiale incentivano le famiglie e le imprese a installare pannelli solari e pompe di calore per ridurre le bollette energetiche, come hanno fatto in molti quest’anno in Europa. I costi elevati e le forniture limitate di energia spingeranno le industrie a riorganizzare i processi e le sedi. Alcuni settori produttivi ad alta intensità energetica, tra cui quello dell’alluminio, dei fertilizzanti e di altri prodotti chimici, stanno iniziando a spostarsi in luoghi che offrono energia più economica, come gli Stati Uniti o il Medio Oriente. Altre industrie si stanno innovando. Il 2023 farà chiarezza sulle tendenze della “deglobalizzazione” e del nazionalismo economico. Alcuni economisti prevedono che il reshoring (ndr rilocalizzazione delle aziende) rallenterà la transizione energetica globale a causa della frammentazione dei mercati. Secondo Tagliapietra «sarà compito dei ricercatori analizzare cosa succederà alle catene del valore che a livello globale stanno guidando lo sviluppo delle tecnologie verdi, riducendone fortemente il costo, e che sono il risultato di una miscela di innovazione negli Stati Uniti, di investimenti cinesi nella produzione e di sussidi in Europa. Se i Paesi però agiranno in modo isolato e puramente competitivo, questo circolo virtuoso potrebbe prima o poi interrompersi”. Senza dimenticare, poi, che la crisi energetica sta esacerbando le disuguaglianze sociali non solo all’interno dei Paesi ma anche tra di essi. Le famiglie vulnerabili e gli strati a basso e medio reddito sono stati i più colpiti dagli aumenti dei costi energetici. Anche in questo caso i ricercatori dovranno valutare le implicazioni per le politiche nazionali e per le politiche multilaterali di aiuto, prestito e sviluppo e far luce sul modo in cui la crescente povertà energetica, gli shock dei prezzi energetici e l’inflazione indotta dall’energia indeboliscono la coesione sociale e minacciano la stabilità politica. Anche i Paesi ricchi possono essere colpiti, come testimoniano le proteste nel Regno Unito e nella Repubblica Ceca. La crisi energetica influenzerà le azioni per contrastare il cambiamento climatico? Le conseguenze sono potenzialmente gravi. I Paesi a basso e medio reddito si trovano in una posizione di svantaggio rispetto alle risposte occidentali alla crisi energetica. Inoltre, i Paesi ricchi sembrano ipocriti visto che, da un lato, ricorrono al carbone per sostituire le importazioni russe, e dall’altro invitano quelli più poveri a fare il massimo per decarbonizzarsi. “Gli scienziati sociali e politici e gli economisti – suggerisce Tagliapietra – devono pertanto individuare i meccanismi bilaterali, regionali e multilaterali più adatti a promuovere i finanziamenti per il clima, il trasferimento di tecnologie e lo sviluppo di capacità, come previsto dall’accordo sul clima di Parigi. E’ necessario un riesame delle misure transfrontaliere in materia di carbonio”.

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