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  • direzione167

Paolo Celli: “La mia vita in cucina, fra le star di Hollywood”

Lo chef delle star di Hollywood è oggi ultraottantenne, ‘ma conserva ancora vividi i suoi racconti straordinari. Una vita unica, degna di un romanzo.



E’ come un fiume in piena, Paolo Celli. Poco più di ottant’anni, simpatia e sguardo magnetico. Viene naturale darsi del tu: puo’ essere il nonno della porta accanto. Fargli notare della sua evidente somiglianza con Franco Nero permette di apprendere, sin da inizio chiacchierata, che nella vita ha avuto in effetti a che fare con il cinema, ma non solo come comparsa ed attore di ruoli minori. Soprattutto, come chef delle star di Hollywood. Incredibile, ma vero.

“Mi dispiace che in Italia non sia conosciuto quello che ho fatto in giro per il mondo” – ci confessa. “Fin quando sono andato in Russia, ad esempio, là ero una star”.

Iniziamo la chiacchierata, ed è subito magia.

Quando nasci?

A Montecarlo, in provincia di Lucca, il 18 gennaio 1941. Sono rimasto al mio paese fino all'età di 12 anni. Finita la quinta elementare, sono finito a Torino, e lavavo i piatti in un ristorante. Quando stavo al cinema a Montecarlo, vendevo le caramelle e i gelati al Cinema Paradiso, e vedevo sullo schermo tutti grandi attori: Amedeo Nazzari, Marlon Brando… e volevo diventare come loro, perché in quegli anni - parliamo degli anni 50 - ero sì piccolino, ma con i sogni già grandi. Anch'io avrei voluto diventare attore. Del resto a scuola ero l'ultimo della classe. Un giorno andavo, un giorno no. La mia era una famiglia povera, ed aiutavo mio padre che era boscaiolo. Avevo un compagno che era il primo della classe. Un certo Fausto. Tutte le bambine - dieci , undici anni di età - andavano da lui, ed io ero messo in disparte. Questa cosa a me feriva, e non la trovavo giusta. Fausto era anche un po' bruttino, senza offesa…ma era più intelligente di me. Ho fatto di tutto per essere al suo pari, ed è per questo che ho provato un’altra strada. E sono andato a Torino. Ho cominciato a cucinare per la prima volta a 13 anni. Lavavo i piatti, e dopo un anno avevo già cominciato a capire qualcosa sul mondo della cucina. Il proprietario mi diceva : ‘Bimbo, osserva bene, mi raccomando’. Il cuoco che c’era non mi insegnava infatti niente, era geloso. Io guardavo pero’ attentamente, rubando con gli occhi il mestiere. Un giorno venne al ristorante la compagnia della Wanda Osiris. Ci chiesero se sarebbero potuti essere nostri clienti a cena per circa per una settimana. La loro tournée avrebbe infatti fatto tappa a Torino.

Il proprietario rispose ovviamente in maniera positiva. Arrivo’ il primo giorno in cui li avemmo con noi: Wanda Osiris, Delia Scala, Carlo Croccolo, con il quale sono rimasto amico fino alla sua morte.

Successe pero’ un inconveniente: il cuoco si ammalò. Il proprietario del ristorante si domandava come ce la saremmo cavata. Fu proprio a quel punto che io proposi: ‘Ho imparato qualcosa in questo anno trascorso in cucina: so fare gli agnolotti, il pollo alla romana, la cotoletta alla milanese, la fonduta… Se siete d’accordo, proverei io a sostituire il cuoco’.

Ma quanti anni avevi?

Avevo 13 anni e pesavo 39 chili. Pensa che lavavo i piatti con una cassetta della birra Peroni sotto ai piedi, perché altrimenti al lavabo non ci arrivavo. Il proprietario del ristorante era davvero preoccupato, ma contro ogni previsione arrivarono tanti complimenti dalla sala per il cuoco. E quel cuoco ‘misterioso’ che volevano conoscere ero io! Cucinai cio’ che sapevo fare: gli agnolotti fatti in casa, la cotoletta alla milanese, il pollo alla romana. Anche delle lumache. Era tutta roba che andava di moda all'epoca. Mi volevano conoscere personalmente, tanto era buona la cucina, ma il proprietario faceva il vago e declinava questa richiesta. L’ultima sera, il padrone mi raccomando’ di fare del mio meglio e di stupire gli ospiti. Organizzai un menù favoloso: agnolotti al barolo, la fonduta con tartufo d’Alba… tutta roba buonissima. Alla fine della serata, Wanda Osiris si presentó di forza in cucina insieme con tutta la compagnia: voleva assolutamente conoscermi. Quando capì che il cuoco ero io, esclamo’: ‘Ma è un bambino!’ Si avvicino’, mi fece tanti complimenti, mi prese in collo e mi disse che, quando sarei diventato grande, avrei lavorato per lei come cuoco personale. Stentavano tutti a credere che un moccioso di tredici anni cucinasse cosi’ bene. Wanda Osiris fece addirittura un giro tra i commensali e raccolse per me una mancia di diecimila lire. Erano tanti soldi all’ epoca. Stiamo parlando dei primi anni 50: io guadagnavo cinquemila lire lavorando 14 ore di lavoro al giorno. E senza mai fare festa.

Poi cosa è successo?

Nel 1955 sono venuto a Roma, dove ho fatto il cameriere, il pizzaiolo, l’ aiuto cuoco…fino a quando non ho incontrato, nel 1964, Frank Sinatra. Venne una sera a mangiare alla pizzeria di Roma dove lavoravo. Era la pizzeria Fiammetta a Piazza Fiammetta, vicino a Piazza Navona. Fece il suo ingresso nel locale insieme con Raffaella Carrà. Stavano girando ‘Il colonnello Von Ryan’, per la regia di Mark Robson.

Ma dai!

Sì. Frank Sinatra aveva i genitori italiani. Suo padre era siciliano e la mamma ligure. Gli feci delle trenette al pesto e degli spaghetti con le sarde, e rimase contentissimo. Tornò ad altre volte. E talmente che ogni volta che veniva era contento, che ad un certo punto mi disse: ‘Senti, io devo partire. Devo andare ai confini fra l'Italia e la Svizzera per girare il film. C'è una scena sulla ferrovia. Vuoi venire che ti faccio fare la comparsa, un soldato tedesco?’ E lì fu la prima volta che iniziai a fare la comparsa. Frank Sinatra poi l'ho incontrato di nuovo dieci anni più tardi, in America. Gli ricordai l’episodio. Da lì nacque la nostra amicizia.

Dall’ Italia come fai ad approdare in America?

Quando stavo alla pizzeria Fiammetta, cenava da noi – parliamo del 1965/1966 – la clientela di un albergo vicino. Capito’ più volte una famiglia americana. Non parlavano bene l’ italiano, ed avevano un accento a me familiare. Ad un certo punto chiesi informazioni sulla loro provenienza. Mi rispose il capofamiglia: ‘Sì, io sono americano, ma nato in Italia, a Lucca’. Io risposi di essere originario proprio della Lucchesia. Da lì iniziammo una amicizia. Mi rivelo’ di avere un ristorante nel Michigan: ‘Se tu vuoi venire, saremo ben lieti di averti come cuoco’.

E tu hai fatto il grande passo.

Si’.

Quanto sei stato nel Michigan?

Circa tre mesi, perché poi un giorno venne al ristorante la sorella di Francis Ford Coppola, Talia Shire. Era un ristorante atipico e anche un po’ speciale, se vogliamo dire così. Ci venivano un sacco di attrici perché fungeva da simil salone di bellezza: vi si facevano anche i massaggi. Legammo subito. Quando seppe che ero italiano: ‘My parents are italian!’ E disse che anche a suo fratello Francis sarebbe piaciuto imparare a cucinare italiano: i cibi del nostro Paese piacevano tanto ad entrambi. Il Francis Ford Coppola che mi trovai davanti all’epoca non era ancora il regista e produttore famoso che tutti conosciamo. Abbiamo cucinato tante volte insieme. Il suo sogno era di aprire un ristorante in America. Cosa che poi è successa davvero in seguito, perché ne ha aperti tre. Lui era fissato con la nostra cucina, ed io gli ho insegnato a cucinare tanti piatti.

Poi cosa successe?

Se non ricordo male, circa nel 1971, io sono ritornato in America, dove ho fatto il pendolare per anni con l’Italia. Stavo tre/quattro mesi, e poi ritornavo in Patria. E poi ripartivo ancora. Ad un certo punto Francis mi disse: ‘Paolo, ci dobbiamo salutare. Si sta facendo un film’. Risposi: ‘Cavolo, Francis, come faccio a stare senza di te? Vengo anch'io! Ti seguo come tuo inserviente, ti preparero’ da mangiare, faro’ il domestico. Non voglio essere pagato, mi basta un letto per dormire’. E lo seguii. Mi sono pertanto ritrovato sul set di un film che sarebbe entrato nella leggenda: ‘Il Padrino’. Sono stato a contatto con Al Pacino, Marlon Brando e tutto quel cast indimenticabile. Ricordo bene i dintorni di New York dove all’inizio mi ritrovai come set.

Capivi l’inglese?

Sì, abbastanza bene, anche se non lo parlavo perfettamente. Lo avevo studiato nella scuola di lingue a Roma, in Via Lucullo, ma ero un pessimo alunno. La mia insegnante mi promosse perché veniva spesso a mangiare in pizzeria, e io non la facevo pagare.

Di quel cast chi ti colpiva di più?

Marlon Brando: a dir poco favoloso. Le donne lo cercavano, lo chiamavano.

Talmente che eravamo in confidenza, che prendeva appuntamento con loro e talvolta arrivava anche a chiedermi – quando non se la sentiva di uscire poiché troppo stanco – di andare agli appuntamenti al posto suo! Erano in genere amiche attrici. Mi dava le chiavi della sua macchina lussuosa, le carte di credito, ed io andavo. Mi sono sempre comportato bene come accompagnatore, ed ero onesto anche nei conti che pagavo con le sue carte. Aveva piena fiducia di me.

La mia conoscenza con il cast de ‘Il Padrino’ è durata tre, quattro mesi. Poi ci siamo persi di vista. Avevo del resto moglie e figli da cui tornare, almeno ogni tanto. Quanti incontri, nella mia vita! Speciale anche quello con Maria Callas.



Davvero? E il primo incontro con lei quando avvenne?

L’incontro con Maria Callas è avvenuto prima rispetto alla mia frequentazione con il cast de ‘Il Padrino’. Era il 1966. Lavoravo come chef a casa di Gunter Sachs, a Gstaad, nella sua villa svizzera. Allora era ancora il fidanzato di Brigitte Bardot, perché si sposarono in seguito. A casa di Gunter Sachs mi capitava di vederla spesso, la Bardot. Lei non è che mangiasse tanto, perché era sempre a dieta. Era solita nutrirsi di crudités… insalate di cetrioli, carote, sedano, arance affettate, frutta secca. Lui invece mangiava di tutto.

Una sera venne ospite in quella villa il segretario dell’ armatore Aristotele Onassis. Preparai la polenta con il capriolo. Rimase talmente contento che mi disse : ‘Paolo, sa che di lei ne parla tutta la Costa Azzurra? Onassis la vorrebbe come suo fiore all'occhiello appena sarà terminata la sua stagione qui in Svizzera. Verso maggio/giugno, sul suo yacht ‘Christina’.

E tu accettasti?

Sì, anche sei io non sapevo proprio cosa fosse il ‘Christina’. Era il 1966. Sono stato con Onassis fino al 1968. Durante la stagione estiva, ovviamente.

Che ricordo conservi della Callas?

Ottino. Di una persona affabile. Veniva sempre in cucina, anche se lei non poteva tanto dedicarsi al cibo, perché doveva mantenersi in forma. Era dimagrita molto con il tempo: circa 30/40 kg. Non mangiava quasi mai. E quando lo faceva, mangiava poco. Però la cucina le interessava. Voleva conoscere, era curiosa di sapere. Quando c'era qualcosa di particolare in tavola, come ad esempio gli spaghetti cacio e pepe, lei si affacciava sempre.


E Onassis?

Era quello che si potrebbe definire un ‘bonaccione’. Qualsiasi cosa gli stava bene. Rammento che era sempre contornato da donne bellissime, e la Callas ne era un po’ gelosa. Gli voleva bene. La sera usciva fuori sul ponte del ‘Christina’, e gli portava la giacca e le pasticche da prendere. Lui avrebbe dovuto mangiare sciapo, ma d’accordo con l’armatore, ai suoi piatti mettevo il sale sotto la carne. Così la Callas non poteva accorgersene quando controllava. Ed Onassis di nascosto mi dava la mancia.

Dopo il ‘Christina’ dove sei andato?

A Roma, dove ho aperto il mio ristorante a Trastevere, il ‘Ciak’, che ho avuto per 40 anni. Lo dice da solo il nome: ‘Ciak’, vala a dire…Cinema! Vi venivano tutti quelli dello star system. Nomi come Federico Fellini, Alberto Sordi…tutto il cinema di Roma, ma anche quello internazionale. Oltre ad aver cucinato in America per i grandi divi di Hollywood, quando loro venivano a Roma il mio ‘Ciak’ era la loro prima tappa. Tante volte qualcuno di loro mi chiamava direttamente da oltreoceano per avvertimi prima della visita. Mi riferisco a personaggi come Frank Sinatra o Liz Taylor.

Anche Liz Taylor hai conosciuto?

Sì. Nel 1971, quando ancora dovevo aprire il mio ristorante. Il regista americano Joseph Losey stava girando il film ‘L'assassinio di Trotsky’ e cercava uno chef. Io volevo anche avere una piccola parte di attore ( che poi non ebbi, solo da comparsa), pero’ grazie a lui conobbi non solo Liz Taylor, ma anche il marito, Richard Burton, amante della grappa. E poi anche Romy Schneider ed Alain Delon.

Quale incontro, tra i tanti della tua vita, definiresti indelebile nella tua mente?

Quello con Frank Sinatra. Il suo segretario chiamava per suo conto alle 3.00 o 4.00 del mattino ed avvisava che magari sarebbe partito da li’ a poco da Boston e che avrei dovuto iniziare a pensare a cosa fargli mangiare all’arrivo. E dava mance importanti.

Il personaggio che hai conosciuto meglio?

Francis Fors Coppola. Per anni è venuto a mangiare al mio ristorante. A lui piaceva andare in cucina. Si faceva spedire delle cipolle particolari dalla Basilicata e se le cucinava da solo, uscendo dalla mia cucina con il grembiule e la padella fumante in mano.

Tra le tante donne famose incontrate, quali nomi ti vengono subito in mente?

La Callas. E Liz Taylor. Per la Taylor ci avevo addirittura perso un po’ la testa. Ne potrei raccontare tanti di episodi che la riguardano, come quella volta che la feci travestire da suora – ed io da giovane prete – per farla girare a visitare un mercato rionale vicino piazza Navona, aggirando i paparazzi.

Come passi oggi le tue giornate?

Mi diletto con un paio di radio con cui collaboro. Sono Radio Michelle amore senza fine (della Valle D’Aosta) e poi Radio Leon (di Roma): suggerisco ricette di cucina, con piatti e racconti dedicati a tutti i personaggi di Hollywood che ho incontrato. Li ho davvero conosciuti tutti. Se penso alla mia vita, mi sarei aspettato di ricevere molto di più dal mio Paese di origine. Il grande successo l’ho raggiunto invece in Russia. Ho iniziato ad andare lì ai primi anni 2000. Seguivo una catena di ristoranti, e fino a che sono potuto andare, mi osannavano letteralmente. Qui in Italia, purtroppo, non mi conoscono moltissimo. In questo ultimo anno, dal novembre del 2022, collaboro con l’amico e artista Claudio Germanò, che lavora da molti anni per il gruppo radiofonico RDS Radio Dimensione Suono SpA. Claudio è anche attore teatrale, autore, e voce narrante per diverse pagine ed eventi culturali, tra radio e palcoscenico. Insieme a lui abbiamo ideato il format di un programma, che potrà essere sia radiofonico che televisivo, dal nome ‘Lo chef e il vagabondo’. Ed in più, data la mia grande esperienza da chef per i tanti divi di Hollywood (ma anche italiani ed europei), e Claudio come presentatore ed intrattenitore, lavoriamo uniti per alcuni eventi dediti al cinema e alla cucina, nei locali di prestigio dove ci chiedono di realizzare serate a tema.

Qualche rimpianto?

Ne ho uno privato: nel 1981 mi sono separato, a causa del tipo di vita che ho sempre condotto in giro, circondato da tentazioni e belle donne. Uscivano al riguardo fuori anche tanti articoli, e mia moglie li leggeva. Ho riscoperto per fortuna la famiglia nel 2016: mi sono risposato proprio con lei, Rita. La mia ex moglie. Dopo ben 35 anni di separazione.

Un finale degno di un romanzo!

Vero (sorride). Abbiamo entrambi superato gli 80 anni, e abbiamo dimostrato che nella vita non è mai troppo tardi. Anche se Rita dice che sono tornato a casa adesso che non posso più fare il dongiovanni. Perché oramai sono vecchio.

Salutiamo Paolo con un grande abbraccio, che ci restituisce una forza ed un entusiasmo che mostrano intatte le sfumature di una gioventù mai andata via.


Lisa Bernardini

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