NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Più che quelle di un’intervista condotta da una giornalista alla candidata per l’incarico di governo più importante del pianeta, sembravano le domande di una buona maestra all’alunna del cuore che non deve sfigurare. Così, l’esperta reporter Dana Bash della CNN, in altre occasioni un “mastino” che non molla la presa, con la vicepresidente Kamala Harris, che aveva accanto il governatore del Minnesota Tim Walz, ha sfoderato tanta benevola pazienza. Con tatto sono arrivati anche i “follow up” non per imbarazzare ma aiutare l’intervistata sulle risposte barcollanti. Più che prevedibile che sulla CNN il ticket democratico speranzoso di tenere lontano dalla Casa Bianca lo “spauracchio” Trump-Vance, avrebbe giocato in “casa”, come del resto si era già visto in certe pseudo interviste di Trump su Fox. Ma allora perché dare tutta questa attenzione mediatica a un’intervista ad Harris con spruzzatina di Walz, che andava in onda in differita dopo 7 ore dalla registrazione? Tutto il demerito va al loro acerrimo avversario per la Casa Bianca! E’ stato proprio Trump ad avere creato l’attesa per il non evento, lamentandosi ogni giorno che la vicepresidente di Biden non aveva, da quando si era candidata alla presidenza, ancora rilasciato un’ intervista; tacciandola di aver paura delle domande perché incapace di spiegare i suoi programmi politici e perché timorosa di svelare il suo “marxismo” e “bidenismo”.
Così un’intervista a Harris registrata e condotta alla “volemose bene”, grazie a Trump, ha creato tra gli americani l’attenzione che altrimenti non avrebbe mai potuto ottenere: Kamala e Tim ringraziano Donald. Passando all’analisi dell’intervistina (durata 25 minuti): ha dato maggiori indicazioni su cosa vorrà fare Harris se diventerà, prima donna, 47esimo presidente degli USA? ‘Credo che il popolo americano meriti una nuova strada da seguire’, ha affermato la candidata democratica, promettendo di ‘voltare pagina sull’ultimo decennio”. Quindi dimenticare anche Joe Biden, che con lei da vice, ha governato gli USA negli ultimi quattro anni? Affatto. Anzi, nel passaggio dell’intervista dove Harris è stata più brillante (e dove ci è apparsa più convinta) ha sostenuto la politica e i risultati economici dell’amministrazione Biden, parlando dei grandi investimenti che la Casa Bianca ha garantito per la produzione nazionale e le infrastrutture, citando anche successi come l’abbassamento dei costi dei farmaci: “È un buon lavoro’, ha ribadito la vicepresidente su ciò che è stato fatto dal suo boss, ma concedendo che ‘c’è ancora molto da fare’. Con quel “voltare pagina sull’ultimo decennio”, a cosa si riferiva Kamala? Lo aveva già detto nel suo discorso a Chicago, e lo ha ripetuto nell’intervista, riferendosi a ‘un’era’ che era stata ‘contraria a dove risiede realmente lo spirito del nostro paese”. Cioè quella carica di ostilità e di odio divisivo tra gli americani che per Harris è stata creata dieci anni fa da Donald Trump. Harris ha sostenuto che la grande differenza tra i democratici che hanno scelto la sua leadership e i repubblicani di Trump stia proprio nell’interpretazione di ruolo e funzioni del leader. Per i seguaci di Trump, il leader serve “a buttare giù gli altri”, mentre per chi ha scelto lei, il leader americano è colui/lei che invece “aiuta gli altri a tirarsi sù”. Quando le è stato chiesto da Bash cosa avrebbe fatto il primo giorno alla Casa Bianca, Harris è stata vaga su piani specifici, parlando in generale di promuovere un’“economia delle opportunità” che rafforzasse la classe media e riducesse i costi, ma senza specificare decisioni esecutive o altre azioni immediate. Come aveva già detto alla Convention di Chicago, ha ribadito la volontà di ripristinare il credito d’imposta di 6.000 dollari ai genitori nel primo anno di vita di un figlio e creare un credito sulle tasse di 25.000 dollari a favore degli americani che acquistano la casa per la prima volta, ovviamente Congresso permettendo… Quando Bash ha chiesto ad Harris sullo stato mentale e fisico del presidente Biden, di cui lei aveva garantito anche dopo il disastroso dibattito con Trump di fine giugno, Kamala ha rincarato la dose della sua stima per l’uomo che l’ha fatta diventare vice presidente: ‘Ha l’intelligenza, l’impegno e il giudizio, la disposizione che penso il popolo americano si meriti nel suo presidente”. Aggiungendo subito dopo, riferendosi a Trump: ‘Al contrario, l’ex presidente non ha nulla di tutto ciò’.
Quando le è stata mostrata una foto della convention diventata virale, in cui si vede la nipotina di spalle che la guarda pronunciare il discorso finale sul palco, sottolineando l’evento storico per tutte le donne americane se lei entrasse da presidente alla Casa Bianca, Harris ha sorriso ma poi ha rilanciato: ‘Mi candido perché credo di essere la persona migliore per fare questo lavoro in questo momento per tutti gli americani, indipendentemente da razza e genere’, ha detto convinta, e anche qui la vicepresidente è sembrata ben utilizzare l’assist servito dalla giornalista della CNN. E Walz? A lui è toccata la domanda più tosta della serata, quando Bash gli ha chiesto spiegazioni sul perché avesse esagerato il suo servizio militare (facendo credere di essere stato in combattimento). Il governatore del Minnesota è stato elusivo, ha parlato di armi e violenza negli USA in maniera un po’ confusa e alla fine ha concluso che non intendeva suggerire di essere mai andato in combattimento. A proposito di conflitti armati, a Harris è stato chiesto del fallimento finora da parte del presidente Biden nel far cessare il fuoco ad Israele nella sua guerra punitiva contro tutti i palestinesi di Gaza dopo l’attacco del 7 ottobre da parte di Hamas. Qui Harris, alla domanda se lei da presidente avesse in mente di fare qualcosa di diverso da Biden, per far finire i bombardamenti israeliani, per esempio bloccando la fornitura di armi verso Israele, la vicepresidente non ha fatto una piega: ha in sostanza difeso l’operato della sua amministrazione dando la risposta che aveva già fornito alla Convention: gli USA garantiranno sempre il diritto di Israele a difendersi, ma ora si deve ottenere il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi… L’intervista è avvenuta a Savannah, in Georgia, dove Harris e Walz stanno girando col bus della campagna, in uno di quei stati “dondolanti”, che si prevede verrà assegnato al vincitore solo per poche migliaia di voti. Trump intanto era in un altro di questi stati in bilico, nel Wisconsin. La sua campagna elettorale, in una dichiarazione diffusa alla fine della trasmissione, ha criticato così l’intervista: ‘Kamala ha parlato per poco più di 16 minuti e non ha nemmeno affrontato la crisi della criminalità in questa nazione. Ha trascorso solo tre minuti e 25 secondi a parlare di economia e due minuti e 36 secondi a parlare di immigrazione”. Harris, durante un comizio nello stesso giorno in Georgia, ha ricambiato, dicendo che Trump rappresentava un ‘attacco totale alle libertà e ai diritti duramente conquistati’. I supporter di Harris hanno iniziato a intonare cori di “We’re not going back,” (Non torneremo indietro), ormai dalla Convention di Chicago diventato lo slogan preferito ai suoi comizi. Cioè la risposta al MAGA trumpiano, quel “Make America Great Again” che indica invece il desiderio di certi elettori e la “promessa” del loro leader a far tornare indietro gli Stati Uniti, a quando, secondo chi vota Trump, si viveva meglio, più sicuri e più liberi. Gli ultimi sondaggi dicono che i “sempre avanti” di Kamala sarebbero – anche se di poco – passati in testa sui “MAGA” di Trump. Come sta cercando di recuperare l’ex presidente? Con attacchi sessisti contro l’avversaria di cui uno in particolare, Trump ha ripostato nel suo Truth Social riprendendolo da un supporter su X. Nel post, l’immagine di Kamala Harris e Hillary Clinton con l’incredibile testo: “È divertente come i pompini abbiano avuto un impatto diverso sulle loro carriere”. Un riferimento cioè al marito di Hillary, l’ex presidente Bill Clinton, coinvolto nello scandalo con la stagista Monica Lewinsky, insieme al pettegolezzo trumpiano secondo cui la relazione romantica che Harris ebbe con Willie Brown, l’ex sindaco di San Francisco, alla metà degli anni ’90 quando era presidente dell’Assemblea dello Stato della California, avrebbe favorito la sua ascesa politica. La bassezza di questi attacchi è direttamente proporzionale al nervosismo di Trump, che potrebbe presto trasformarsi in panico, per aver perduto, appena un mese fa, il suo candidato preferito e più anziano di lui. Adesso a sfidarlo è invece una donna, ex procuratrice, poi senatrice e ora vicepresidente. Trump, che ora è il più anziano candidato della storia USA e che ha già battuto ogni record di partecipazione nei dibattiti nelle presidenziali, dovrà il dieci settembre affrontare in tv sulla ABC, cioè “fuori casa”, la classe 1964 Kamala Harris. Questo sì che sarà uno spettacolo assolutamente imperdibile.
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