ROMA (ITALPRESS) – A livello nazionale, delle 511 strutture ospedaliere pubbliche valutate, 45 (pari al 9%) riportano tutte le aree cliniche validate di qualità alta o molto alta, mentre delle 297 strutture di private quelle con standard elevati sono 80 (pari al 27%). Tra le strutture di qualità bassa o molto bassa, il 19% delle strutture valutate sono pubbliche (54 su 511) e il 32% sono private (75 su 297). Sono i dati che emergono dal Rapporto sulla Qualità degli Outcome clinici negli ospedali italiani, elaborato a quattro mani da Agenas e Aiop, sulla base dei risultati del Programma Nazionale Esiti (PNE), che propone una valutazione comparativa delle strutture ospedaliere elaborata in funzione del rispettivo livello di aderenza agli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera. La concentrazione delle strutture – soprattutto di quelle private – verso i livelli di qualità estremi deve tener conto della natura monospecialistica o del basso numero di aree cliniche valutabili: la maggior parte delle strutture (l’87% tra le pubbliche e il 92% tra le private) di quelle di qualità alta/molto alta e, rispettivamente,l’87% e il 97% tra quelle con un livello di qualità inferiore all’atteso sono, infatti, a indirizzo specifico o con sole due aree valutabili. Per il direttore generale di Agenas, Domenico Mantoan, “la qualità del nostro sistema sanitario pubblico-privato sta crescendo”. Ci sono “delle situazioni di eccellenza e delle situazioni di miglioramento sia nel pubblico che nel privato, ma se si guarda ai dati del Piano Nazionale Esiti degli ultimi anni, sono tutti migliorati”. Per Mantoan, “la sfida per la qualità è vincente. La cosa che trovo significativa è che alcune strutture importanti del privato accreditato, nei contratti di lavoro dei medici, oltre a mettere i volumi di attività, scrivono anche che uno degli obiettivi è essere ai primi posti del Piano Nazionale Esiti” che “è uno strumento straordinario che non ha nessun altro Paese” e che permette di “valutare gli esiti clinici delle prestazioni mediche”. Il Piano Nazionale Esiti, ha aggiunto il presidente di Agenas Enrico Coscioni nel suo saluto in video collegamento, “è stato un elemento caratterizzante dell’Agenzia ed è stato la stella polare del SSN. Le nuove attività che si stanno facendo” saranno utili per “la riforma della rete assistenziale territoriale. Attraverso i dati dobbiamo capire quali riforme fare. E’ il momento di discutere, su nuove basi, il futuro del SSN, dobbiamo ‘smontarlò e ricostruirlo: la medicina primaria non funziona più” e “se non se non ci sarà una riforma della medicina di continuità e dell’assistenza specialistica ambulatoriale, il modello di medicina del territorio previsto non avrà effetti concreti”, ha aggiunto Coscioni, secondo cui vanno superati i tetti di spesa previsti per la spesa sanitaria. “Bisogna ragionare sull’applicazione di una forma di meritocrazia: conoscendo i volumi, grazie ai dati del Programma nazionale esiti, potremo remunerare le strutture anche secondo la qualità delle prestazioni”. La presidente nazionale Aiop, Barbara Cittadini, ha sottolineato che “i volumi di prestazioni e i servizi che le strutture di diritto privato erogano corrisponde, in termini quali-quantitativi, a quanto viene loro richiesto dalla programmazione regionale, che sconta il vulnus del tetto imposto da una normativa nazionale datata, anacronistica, e di dubbia costituzionalità”, su cui “il Governo e il Parlamento intervengono da anni, ogni anno, prevedendo deroghe”, ha spiegato. “Comprendiamo che i tetti previsti dalla legge possano essere generalmente considerati quali strumenti utili al buon governo della spesa sanitaria, ma devono essere costantemente manutenuti, aggiornati, adattati e, quindi, modificati sulla base delle esigenze reali del Paese. Non è possibile immaginare di fornire una risposta puntuale al bisogno di cura della popolazione con budget ‘storicì, in un contesto sociale, economico e sanitario profondamente mutato e con una domanda di salute profondamente aumentata e diversificata”. Il tetto di spesa – ha sottolineato Angela Adduce, ispettore generale capo per la Spesa sociale della Ragioneria dello Stato – “deve essere periodicamente manutenuto” e “la politica è a conoscenza dell’opportunità di poter rivedere questo tetto di spesa. Le decisioni che sono prese dalla politica, ovviamente, vanno rese coerenti con l’equilibrio della finanza pubblica”, ha sottolineato. Per l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Guido Bertolaso, il rapporto tra pubblico e privato “andrebbe meno criminalizzato e più rivalutato” e “bisogna motivare il nostro personale sanitario a non andarsene: spendiamo un sacco di soldi per formare il nostro personale, ma poi dopo pochi mesi se ne vanno all’estero. Se non aumentiamo gli stipendi, non risolviamo questo problema”. Purtroppo, “se continuiamo ad avere questa carenza di personale, diventa tutto difficile: chiariamo che non è che tutti i medici che escono dal pubblico vanno nel privato. Molti sono gettonisti, alcuni vanno all’estero, altri in pensione” senza essere sostituiti. Cosa si può fare? “Bisogna rivedere la dimensione manageriale delle strutture ospedaliere, su questo punto stiamo lavorando”.
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