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Uil, su medicina territoriale nuove risorse potrebbero non bastare




ROMA (ITALPRESS) – “Con la pandemia da Covid 19 sono emerse, in tutta la loro gravità, le carenze strutturali della medicina del territorio. Questi ritardi stanno provocando, come riflesso immediato e più importante, l’aumento esponenziale dei carichi di lavoro per il personale infermieristico e medico che, dopo anni di grave stress lavorativo, stanno scegliendo di lasciare il Servizio sanitario nazionale per la sanità privata o per trasferirsi all’estero, dove gli stipendi sono più alti e i carichi di lavoro meglio gestiti, determinando così l’ulteriore depotenziamento della sanità pubblica italiana”. Lo afferma il segretario confederale della Uil, Santo Biondo, che sintetizza i risultati del report del servizio Politiche sociali e welfare, sanità, Mezzogiorno, immigrazione del sindacato in merito all’assegnazione delle risorse finanziarie per l’attuazione degli interventi del Pnrr sulla missione 6 Salute.“Dall’evidenza di tali criticità, è nata la scelta di destinare una quota importante sia di finanziamenti europei, attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia di investimenti pubblici al potenziamento della sanità in Italia e, in particolare, della medicina del territorio – spiega Biondo -. Stiamo parlando di un investimento totale che sfiora i 19 miliardi di euro: risorse, comunque, a debito che graveranno sulle spalle delle italiane e degli italiani”.“Il nostro lavoro di analisi e approfondimento, vuole mettere in risalto i rischi che ne deriverebbero per la sanità pubblica, se questo progetto non andasse in porto e se non si potenziasse la medicina del territorio con l’effettivo funzionamento degli ospedali di comunità, delle case di comunità e delle centrali operative – sottolinea ancora il sindacalista -. Il primo elemento di criticità emerge dalle piattaforme on line (Regis; Portale Italia Domani; Ministeri competenti per materia; Sigeco; Agenas; OpenPnrr e Regioni) che dovrebbero consentire un’azione di controllo sociale sull’avanzamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza nella fattispecie legata alla sanità e, in particolare, alla medicina del territorio. Molte di queste non sono aggiornate costantemente, forniscono pochi e frammentati dati e, in alcuni casi, persino in evidente contrasto tra loro.Vengono meno così sia il dovere di trasparenza amministrativa sia la possibilità di valutare l’operato delle Istituzioni in materia”. “C’è, inoltre, un grande rischio per il futuro delle strutture sanitarie della medicina del territorio. Se anche il piano venisse attuato, dal punto di vista infrastrutturale, gli ospedali di comunità, le case di comunità e le centrali operative territoriali difficilmente potrebbero funzionare, a causa della forte carenza di personale, per il cui pagamento, è bene ricordarlo, le risorse non possono provenire dal Pnrr, ma dai bilanci nazionali – prosegue Biondo -. Incrociando i dati relativi agli standard del personale del DM77 con il costo unitario medio annuo indicato dal Ministero dell’economia e delle finanze, infatti, si evince che per far funzionare le 1038 Case di comunità, indicate dal piano, servirebbe un investimento in personale stimabile in circa 1 miliardo di euro annui. Mentre per i 307 Ospedali di comunità previsti sarebbero necessari oltre 218 milioni di euro. Infine, per coprire le spese per il personale delle 480 Centrali operative territoriali servirebbero 163 milioni di euro. Il fabbisogno totale stimato, dunque, è pari a 1 miliardo e 366 milioni di euro per circa 30.000 professionisti. Quantità, a nostro avviso, comunque sottostimata per un giusto equilibrio dei carichi di lavoro”.

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